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Come misurare e monitorare l’impatto ambientale del cloud?

Capgemini
16 Jun 2023

Il cloud ha un aspetto di materialità da considerare. Infatti, occorre analizzare tuti gli asset che lo rendono possibile: server, storage e unità di archiviazione, apparati di rete che, come tutti i componenti di un’infrastruttura IT, consumano energia. Per non parlare dei data center che li ospitano e che hanno bisogno di energia, in particolare per i loro sistemi di raffreddamento.

Vanno prese in considerazione diverse variabili: la richiesta di energia per il funzionamento di queste infrastrutture varia a seconda del paese in cui il data center è ospitato e in particolare dalle condizioni contrattuali con i diversi fornitori di energia. Il consumo di energia, tuttavia, non è l’unico fattore da tener presente. È essenziale studiare tutte le risorse utilizzate, compresa l’acqua per produrre apparecchiature e processori, nonché per ridurre la temperatura all’interno dei data center.

Per misurare l’impatto ambientale del cloud, è necessario tenere conto dell’intero ciclo di vita dei server. La stima di tale consumo deve coprire l’intera catena del valore, dalla produzione dei vari server al loro utilizzo finale, compreso il riciclaggio e la gestione del fine vita. Tipicamente la documentazione tecnica dei produttori di server indica una durata media di 4-5 anni. Tuttavia i principali fornitori di servizi cloud hanno come obiettivo primario l’aumento di tale durata, con particolare attenzione alla gestione degli aspetti legati alla manutenzione preventiva.


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Come integrare KPI sostenibili durante una migrazione al cloud?

I cloud provider pongono particolare attenzione agli aspetti di sostenibilità e conducono molti progetti di ricerca e sviluppo su questo tema, grazie ai quali oggi sono in grado di ridurre le emissioni di CO2 a lungo termine dei data center e delle infrastrutture che forniscono.

Oltre al “business case” economico, è necessario produrre anche un “carbon case” che integri informazioni rispetto al consumo di energia e di emissioni di CO2 per determinare qual è il “guadagno” per l’azienda nel passaggio al cloud in termini di impatto ambientale. Per fare questo, bisogna prima determinare qual è il punto di partenza per l’azienda, calcolando il PUE (Power Usage Effectiveness) dei propri data center, valutandone il costo energetico e il consumo di “carbonio”.

Fondamentalmente, tramite la tecnologia avanzata che i cloud provider mettono a disposizione per il setup dei propri data center, l’impatto in termini di PUE sarà certamente positivo. A questo si aggiunge la necessità di ottimizzare, una volta completata la migrazione in cloud, la gestione dell’infrastruttura e del parco applicativo indipendentemente dal cloud provider di riferimento (sia esso Microsoft Azure, AWS o Google Cloud).

È quindi importante fare delle riflessioni inerenti la necessità effettiva di infrastrutture ridondate (da limitare, ad esempio, in caso di ambienti non business critical) o la disponibilità delle applicazioni, dal momento che non necessariamente tutte devono essere disponibili 24 ore su 24, 7 giorni su 7. Gli approcci FinOps possono aiutare nel fare questo tipo di valutazioni.

Quali azioni per l’ambiente intraprendere quando un’azienda ha già completato la migrazione al cloud?

Per monitorare l’impatto ambientale delle risorse in cloud, i principali provider mettono a disposizione tool di monitoraggio del carbon footprint, che forniscono informazioni e consentono di fare analisi sull’utilizzo a lungo termine.

Ecco un esempio pratico di come mettere in pratica la eco-responsabilità aziendale: comprendere le implicazioni ambientali legate all’utilizzo delle risorse in cloud e limitare lo spreco di risorse nel caso non siano strettamente necessarie. In passato, le aziende erano solite eseguire il setup di un nuovo ambiente di test ogni volta che c’era necessità di testare nuovi rilasci di un’applicazione. Oggi non è più così.

I tool di monitoraggio dell’impatto ambientale messi a disposizione dai cloud provider sono sicuramente un primo punto di partenza, anche se non consentono, allo stato attuale, di ottenere una perfetta visione d’insieme: alcuni dati sono molto complessi da ottenere. Ad esempio, per determinare il PUE di un data center dei cloud provider, non sempre le informazioni disponibili sono del tutto comprensibili.

La parola d’ordine è “consapevolezza”: aumentare il livello di consapevolezza dell’impatto ambientale delle proprie scelte, così da monitorarlo in modo costante e modificare i propri consumi utilizzando i servizi in cloud in modo responsabile ed eco-sostenibile.

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